Con L'Occhio del faro continuiamo a parlare di gialli... Sì, io sono antiquato, e dico ancora così, anche se oggi i gialli si chiamano thriller scandinavi... anche quando sono italiani. Figuriamoci quando, come in questo caso, sono davvero scandinavi! Forse allora si chiamano thriller scandinavi-scandinavi? Boh. Continuiamo a parlare di gialli, dicevo, con deviazioni paranormali! Heine Bakkeid ha scritto questo libro di successo, che in Norvegia si chiama qualcosa come Mi mancherai domani, ma qui da noi, siccome è obbligatorio che i titoli seguano lo schema articolo-sostantivo-proposizione-sostantivo (Il cosìecosì del taldeitali), dato che c'entra un'isola con un vecchio faro lo hanno rinominato appunto L'Occhio del faro. I punti di forza di questo romanzo sono il protagonista, così "maledetto" che di più non si può, e l'atmosfera, metereologicamente tempestosa. I punti deboli... Beh, ci sono anche quelli, e belli grossi.
Il protagonista è un ex poliziotto, appena uscito di prigione. Era stato radiato e condannato al carcere per aver causato, guidando sotto l'effetto di droghe, la morte della ragazza che era in auto con lui. O almeno questo è quel che credono tutti. Lui, Aske, da quell'incidente è uscito malconcio, sfregiato, cerebralmente inaffidabile, e dipendente dai farmaci. Nel corso del romanzo, mentre indaga sulla sparizione di un ragazzo, su incarico dei genitori, ne combina di tutti i colori: si impasticca a più non posso con qualsiasi farmaco trovi in giro, tenta il suicidio due volte (vabbè, una è un flashback), soffre continuamente per la stitichezza (e subisce un clistere), finisce in ospedale tre volte (e ne scappa due), viene interrogato (e picchiato) e poi ricercato dalla polizia, ecc... A parte vedere qualche altro fantasma di passaggio, Aske ha poi un fantasma personale, e fa di tutto per non perdere la sua presenza: è la ragazza che è morta nel famoso incidente. In qualche modo il loro amore è sbocciato dopo la morte di lei. Complice, forse, il danno cerebrale di lui! In poche parole: Thorkild Aske è fantastico, impossibile non innamorarsene!
Il Mare del Nord, con neve e tempesta in quantità, e vecchi marinai di contorno, fa il resto, incorniciando un'ambientazione che lascia il segno, e contribuendo a dare i brividi più dei cadaveri decomposti.
Ma, naturalmente, non sono tutte rose e fiori. La trama svela alla fine una vicenda appannata in più punti e un assassino poco credibile, sia come movente che come modo di agire. E, soprattutto, Thorkild Aske, che per la gran parte del libro non solo è il massimo della sfiga, ma se gli soffi addosso casca per terra, a volte invece si trasforma inspiegabilmente in un mix tra il fortunatissimo Bob Langdon e l'indistruttibile James Bond. State a sentire un paio di esempi.
Impasticcato fino all'inverosimile, Aske si getta in mare cercando la morte; alla fine, non solo si ritrova a galla, ma si accorge di aver anche recuperato, non si sa come, un cadavere (e spiccioli di un altro). Più culo di così non si può! Qui ci dev'essere l'aiuto di Bob Langdon.
Appena fuori dall'ospedale, acchiappa al volo una muta e un paio di bombole e si immerge da solo in un misterioso relitto sommerso. Proprio lui che non solo fisicamente sta a pezzi ma, a suo dire, aveva fatto solo un paio di immersioni subacquee, molti anni prima. La scena poi in cui fronteggia l'assassino, al buio, decine di metri sotto il mare, in una sacca d'aria dentro al relitto, in compagnia di vari cadaveri, e chiacchiera con lui sotto la minaccia di un arpione, è ridicola sotto ogni aspetto. Naturalmente, alla fine, pur ferito e con una mano arpionata al petto, Aske riesce a salvarsi, ancora una volta non si sa come (ma lui percepisce l'aiuto del suo fantasma personale). No, ragazzi, tutto questo è davvero impossibile, almeno senza l'aiuto del fantasma di James Bond!
Altro problemino da citare: i nomi dei personaggi. Arne, Aske, Frei, ecc... Sono così strambi per noi italiani che se non si adatta un po' il testo per farcelo capire, per esempio inserendo qualche pronome, a volte corriamo il rischio di non sapere, per varie pagine, nemmeno se si sta parlando di un uomo o di una donna! Traduttori, tenetelo presente, un'altra volta.
Concludendo, L'Occhio del faro non è forse il capolavoro assoluto di cui scrivono dappertutto. E' un buon romanzo, che avrebbe avuto tutto da guadagnare se la trama fosse stata più realistica. Con tutti i suoi difetti, a mio parere si legge lo stesso con piacere, grazie soprattutto all'ambientazione e alla simpatia del protagonista. Perciò chiudete un occhio su qualche stonatura qua e là, e godetevi l'antieroe Thorkild Aske e le sue avventure nel Mare del Nord.
Finisce qui la serie dei detectives che vedono i fantasmi?
RispondiEliminaNo, no: c'è ancora almeno "La Veggente" di K. Cooper
RispondiEliminapurtroppo oggi non solo nella narrativa si fanno cose che non hanno senso e ricevono grande successo ...OK...
RispondiEliminaHi ProfG!
RispondiEliminaEven though this may not have been your favourite book to read;-), I still want to thank you for reading and writing such a lengthy, detailed review of my debut novel in Italy and for the time and effort you put in.
Have a great day!
Mvh
Heine Bakkeid
Hi Heine! (Even if I fear this may simply be a joke by my friend B.N.), it is an honor and a pleasure to welcome you on board of my humble blog! Indeed I did not like the whole novel, but, as I wrote in the review, I really loved the main character and the setting. Hold on with this good job! Best regards from Italy!
EliminaWell, I'm me, and I will try to impress with the next book;-) Best regards from the north of Norway, to you and your friend B.N.
RispondiEliminaHeine
I am looking forward
EliminaStavo per dire peste e corna della moda dei gialli scandinavi (anche se scritti da italiani) ma visto che l'autore ci legge evito :D
RispondiEliminaScherzo... in realtà non ho niente contro i gialli scandinavi, ma mi dà fastidio che le case editrici per fare facili incassi puntino su alcuni generi narrativi "di moda" senza badare alla reale qualità dei prodotti. Stando alla tua recensione questo romanzo sembra più comico che drammatico.
No, non è affatto comico, è solo che il confronto finale tra l'antieroe buono e il cattivo assassino l'ho trovato troppo incredibile, al punto da far sorridere. Per il resto di dramma e brivido ce n'è quanto ne vuoi.
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