Leggere Elena Ferrante sembra ormai essere un dovere, per ogni bravo lettore italiano. Mi accosto quindi anch'io a L'Amica geniale, con grandi aspettative e una certa curiosità. La lettura alla fine non soddisferà del tutto le aspettative, né mi toglierà la curiosità: quali sono le cause dello straordinario successo di questo romanzo? Non lo so. Per me la prima arricciatura di naso arriva addirittura appena si inizia a sfogliare il libro: nelle primissime pagine è presente una guida ai personaggi, con il loro elenco e un breve "curriculum" di ciascuno. Non vedevo una cosa del genere da quando leggevo i gialli anni 30, in cui però non si trattava certo di far letteratura, ma semplicemente di giocare con il lettore a "indovina chi". Quel che è peggio è che un paio di volte, confuso da alcuni personaggi rispondenti ai medesimi cliché, con la coda tra le gambe ho dovuto far ricorso anch'io al "bignami" iniziale. Gli anni passano e forse sono diventato un lettore un po' distratto... o magari è il romanzo che non prende più di tanto?
Il breve prologo ci spiega che Lila, la geniale amica d'infanzia della narratrice, è misteriosamente scomparsa, e poi il romanzo parte sotto forma di lunghissimo flashback. Due piccole donne crescono nella Napoli dell'era di Achille Lauro. La parte più efficace è proprio quella dove si parla dell'infanzia, con i sogni fatati e le fantasie fosche delle due bambine. L'adolescenza invece è segnata in modo tutto sommato ripetitivo dalla violenza dei maschi rissosi o dai loro sogni di ricchezza. In tutto questo la narratrice cresce impegnandosi nello studio, un po' perché costretta da una maestra più convinta di lei delle sue possibilità, un po' per trovare una nicchia in cui potersi sentire superiore a Lila, la quale, seppur universalmente ammirata per la sua intelligenza e, in seguito, per la sua bellezza, non potrà studiare. La narratrice esiste quasi in funzione di lei, Lila, amica, musa e rivale: a parte rari inserti, è come se non avesse famiglia, tanto che scopriamo solo a un terzo del romanzo che non è figlia unica (è una sorpresa... a meno che non ci siamo studiati bene in anticipo la guida iniziale). Lo scopriamo, per poi dimenticarlo subito dopo.
Lo stile in genere è abbastanza diretto, ma di tanto in tanto irrompono pagine troppo letterarie. Gli ultimi capitoli, poi, coi preparativi per il matrimonio di Lila, sono piuttosto noiosi.
Arrivata poco oltre le 300 pagine l'autrice mette un punto e romanzo si interrompe, non si conclude. Il prologo, insomma, serviva solo a dirci che, se vogliamo sperare di sapere che fine ha fatto Lila, ci sono da leggere anche le altre puntate. Ma ne varrà la pena?
Lo stile in genere è abbastanza diretto, ma di tanto in tanto irrompono pagine troppo letterarie. Gli ultimi capitoli, poi, coi preparativi per il matrimonio di Lila, sono piuttosto noiosi.
Arrivata poco oltre le 300 pagine l'autrice mette un punto e romanzo si interrompe, non si conclude. Il prologo, insomma, serviva solo a dirci che, se vogliamo sperare di sapere che fine ha fatto Lila, ci sono da leggere anche le altre puntate. Ma ne varrà la pena?
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