Con la partecipazione della più celebre coppia di Hollywood in veste di mascotte.

venerdì 31 luglio 2015

Far l'amore col vento: intervista a un albero

Torno a mettermi nei panni dell'intervistatore con un'incredibile esclusiva, tutta per voi! Non credo che possiate trovarla da nessun'altra parte, un'intervista a un'albero! Spero che vi piacerà. In ogni caso, per me realizzare questa intervista è stata un'esperienza fantastica, anche se lunga e faticosa. Buona lettura!



Gianluca Gemelli

INTERVISTA A UN ALBERO

Ho letto da qualche parte che uno studioso inglese ha scandalizzato il mondo accademico affermando che le piante pensano. Capisco lo scetticismo dei suoi colleghi: la cosa può sembrare senza senso, dato che stiamo parlando di esseri privi di sistema nervoso.

Eppure chiunque abbia osservato qualche volta al microscopio la vita quotidiana di parameci e vorticelle sa benissimo che questi esseri microscopici progettano, dialogano, prendono decisioni... e a volte dimostrano di provare sentimenti come eccitazione e paura, e che possiedono una memoria. Insomma sono ben lontani dall’essere delle semplici e stupide forme di vita inferiore. E stiamo anche qui parlando di esseri privi di sistema nervoso.

E allora, se i parameci pensano... Ne dubitate? Prendete un microscopio, una goccia d’acqua stagnante tolta da un vaso di fiori e osservateli per un po’! Ebbene se i parameci pensano, dicevo, perché non le piante? Tanto più che le piante hanno una complicata vita relazionale, a quanto scrive il National Geographic, fatta di comunicazioni a distanza per mezzo di sostanze chimiche, suoni, vibrazioni... Ma perché sto qui a perder tempo a parlarvi di tutto questo, quando io lo so perfettamente che gli alberi pensano? 

Me lo spiegò mio nonno, quando ero un bambino: gli alberi pensano, e parlano con noi, perfino. Basta avere il tempo e la pazienza di starli ad ascoltare. L’unico problema, infatti, è che gli alberi vivono molto lentamente, quindi pensano e parlano pure molto lentamente: a volte per dire una sola parola ci mettono una giornata intera. Molti anni dopo mia nonna mi ha detto che sicuramente il nonno mi stava prendendo in giro, ma io non le ho creduto. Infatti, nelle lunghe estate delle elementari e delle medie, invece di fare i compiti delle vacanze, per anni ho passato il tempo a parlare con gli alberi, quindi ho potuto verificare personalmente che è tutto vero. Delle altre piante non so, ma degli alberi sono sicuro: pensano eccome, e, se vogliono, possono anche parlare con noi. 

Convinto che gli alberi, specie quelli molto vecchi, abbiano molto da dire, poco più di un anno fa mi sono messo a girare in auto l’agro romano, alla ricerca di vecchie piante, sperando di trovarne una disposta a rilasciarmi un’intervista. Non è stato facile raggiungere lo scopo: non tutti gli alberi si sono degnati di rivolgermi la parola, molti non mi hanno nemmeno ascoltato. E poi ci vuole un sacco di tempo per proporre a un albero un’intervista, chiedergli se acconsente, e ascoltare la sua risposta. Ma alla fine i miei sforzi sono stati coronati da successo: ho trovato un olivo secolare che aveva molta voglia di parlare con me, e che mi ha concesso la seguente intervista, che ho realizzato incontrandolo tutte le domeniche pomeriggio fino a domenica scorsa, per un anno intero. Non stupitevi se la chiacchierata che ho fatto con lui (o lei? O loro?) ha preso subito una direzione metafisica. Sapete, gli alberi sono tutti un po’ filosofi. 

Prof: Come ti chiami?

Albero: Come mi chiamo? Sono un albero. Siamo un albero. Non ho bisogno di un nome. 

P: Siamo un albero?

A: Sono un albero, siamo un albero... Che differenza fa? La mia percezione di me stesso a volte è più periferica e plurale che centrale e singolare. 

P: Quanti anni hai?

A: Tanti. Mille? Diecimila? Non è facile contarli: passano così in fretta!

P: Accidenti se sei vecchio!

A: Tu dici? Per me è diverso. Dato che parte di me muore ogni anno e un’altra parte nasce ogni anno, mi rinnovo sempre, per cui, in un certo senso, resto sempre giovane. Per lo stesso motivo, non ho paura della morte. 

P: Non hai paura della morte? Davvero? 

A: Grazie alla mia natura di albero, a morire, in fondo, ci sono abituato. A volte sono io che mi domando come mai voi avete tutta questa paura, invece. La vostra vita è così breve che non mi sembra possiate avere neanche il tempo di accorgervene, della vita stessa, prima di morire. 

P: Per noi è inevitabile aver paura della morte, un po’ come è inevitabile interrogarci sul significato della vita: perché siamo qui, ecc...

A: Per noi alberi invece questo punto è perfettamente chiaro. Noi sappiamo benissimo perché siamo qui. 

P: Davvero? 

A: Sì. Noi alberi teniamo uniti il cielo e la terra. Nella terra affondiamo le nostre radici. Il cielo lo afferriamo allo stesso modo con i rami. Senza di noi la terra e il cielo se ne andrebbero ognuno per conto suo. Essere un albero è una grande responsabilità. Il nostro lavoro è difficile e importante. O forse pensavi che fossimo qui solo per dare a voi uomini frutti e legname?

P: Beh, noi apprezziamo molto gli alberi. Poi è chiaro che la nostra natura ci porta a considerare ogni cosa in senso antropocentrico. Per esempio quando vedo una pera inevitabilmente penso a una monoporzione formato umano di frutta.

A: Già. Invece si tratta di una parte del nostro sistema di riproduzione, un sistema molto avanzato rispetto al vostro.

P: Ma come? È il nostro sistema di riproduzione a essere molto più complesso e avanzato del vostro, invece. Lo dimostra l’evoluzione biologica.

A: Sciocchezze. Non direi che sia più complesso né più avanzato. Il nostro sistema quanto a complessità non scherza mica, dato che chiama in gioco anche vento, insetti... Non bastano mica due animali in calore che si affannano tra loro. 

P: È un modo un po’ cinico di definire l’accoppiamento, nudo e crudo. Noi umani di solito lo ricopriamo di uno spesso strato di poesia.

A: Questa poesia è una specie di corteccia, quindi?

P: In questo caso sì.

A: Però riconosco che questo modo pazzo di riprodurvi che avete voi è adatto alla vostra natura animale: viscerale e frenetica.

P: È anche piacevole. 

A: Sì? Non hai mai provato a far l’amore con il vento. 

P: Wow! Dev’essere bello. 

A: Naturalmente non è un’emozione viscerale come quelle che fanno muovere voi animali. Per noi oltre al piacere c’è una sensazione di universalità e di ineluttabilità. Tu puoi capirlo questo? 

P: Non lo so. Forse sì. Forse anche noi uomini avvertiamo un senso di necessità. Forse non siamo così diversi da voi.

A: Però non c’è dubbio che deve essere il nostro, di sistema di riproduzione, quello più avanzato. Infatti ho sentito dire che molti uomini oggi disdegnano il sesso come sistema di riproduzione e aspirano ad eliminarlo, trasformando la riproduzione degli uomini in un senso simile a quello delle piante, in qualcosa di meno di frenetico e animale, insomma.

P: È vero, in un certo senso. Cercano di farlo con l’aiuto della scienza, e anche della politica. Ma non è una cosa per tutti. 

A: Meno male. 

P: Sì, meno male. Senti, non che questo discorso della riproduzione non sia interessante, ma qui intanto le stagioni passano, e io ho ancora molte cose da chiederti. Per esempio: cosa pensi degli esseri umani? Li hai osservati per molti anni attorno a te, hai visto il modo con cui hanno cambiato il mondo e le loro stesse vite...

A: Che ti devo dire? Le azioni umane hanno una durata tipica troppo breve per essere significative per me. Vi vedo ronzare qui attorno, ma quel che fate non mi interessa troppo. Ho cose più importanti a cui pensare, come il mio lavoro da albero. 

P: Che ne pensi di quegli esseri umani a cui piace abbracciare gli alberi? A te piace essere abbracciato?

A: Eh? Non ne so nulla. Credo che nessun albero se ne sia accorto, di questa cosa qui. Ribadisco: le azioni umane hanno una durata tipica troppo breve per essere significative per noi.

P: Lo immaginavo. Un’altra cosa che ti voglio chiedere è se non hai mai desiderato muoverti, viaggiare. Dev’essere dura essere costretti dalla natura a restare sempre nello stesso posto.

A: Bah... Io sono fermo solo dal tuo punto di vista: le radici si muovono nel terreno, i rami nell’aria... Il cielo viaggia in continuazione sopra di me. È lui che si muove, o sono io?

P: È tempo di lasciarci, e non ti ho ancora chiesto la cosa più importante.

A: Chiedila, allora, anch’io non ho mica tempo da perdere, sai?

P: Tu credi che Dio esista?

A: Eh? E che ne so, io? Che razza di domanda è? 

P: Si direbbe che tu non ti sia mai posto la questione. 

A: È così, infatti. Questo tipo di domanda ha senso forse per le creature che hanno paura della morte, non per uno come me. Senza motivazione non si pongono domande e non si danno risposte. 

P: Ti ringrazio per la disponibilità e ti saluto.

A: E io ringrazio te per la tua pazienza. Ti saluto e prego te e tutti gli esseri umani di non dimenticare che ogni volta che viene tagliato un albero, un corrispondente pezzo di cielo si allontana un po’ di più dalla terra. 


Gli alberi hanno la forza e la dolce vastità dei grandi sogni 
(Louis-Ferdinand Céline Viaggio al termine della notte)

3 commenti:

  1. Bene la fantasia e l'originalità .Certo l'intervista frena la consueta fluidità del tuo scrivere ...OK...

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  2. Bello davvero. Originale e delicato, mi piace l'idea che gli alberi tengano uniti il cielo e la terra... poetico.

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  3. Ora ho capito a cosa servono veramente gli alberi!

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