Ciao
a tutti! Sono appena tornato dalla Norvegia. Sono volato fin lassù per
intervistare un autore scandinavo di successo e tra i più promettenti: Heine Bakkeid, il cui romanzo L’Occhio del faro
è stato recentemente pubblicato anche in Italia. In questo romanzo fa il suo
debutto un antieroe molto interessante chiamato Thorkild Aske. Sapevo che
sarebbe stato un viaggio interessante, ma non avevo idea di quanto!
UN PUB TRA I FIORDI
Intervista a Heine Bakkeid ... e Thorkild Aske
Non
so leggere l’insegna, ma stavolta l'indirizzo dovrebbe essere quello giusto.
Spero proprio di aver trovato il pub, perché questa pioggerellina che sa di
mare è antipatica come poche. Forse per i norvegesi questa una è bella serata,
ma io... Se non vado subito dentro diventerò un merluzzo surgelato. Questa è la
terra del sole di mezzanotte, no? Già, però adesso è febbraio, sono le cinque
del pomeriggio, e di sole non ce n’è traccia: il cielo è grigio e scuro come un
gatto norvegese delle foreste.
Entro
nel locale e immediatamente tutto passa dal grigio al marrone scuro. Luci
soffuse, legno ovunque. Un vecchio col cappello da marinaio è al bancone. Si
gira verso la porta e mi lancia uno sguardo sospettoso, poi ricomincia a
chiacchierare col barista. Heine Bakkeid è seduto a uno dei tavoli infilati tra
i separé di legno. Lo riconosco dalla foto. Mi sorride e alza, a mo’ di saluto,
un boccale di birra. Vado a sedermi con lui, e subito qualcuno mi fa scivolare davanti
un altro enorme boccale di Mack.
HB: Benvenuto! È un po’ che ti aspetto.
Davanti
a me c'è un bell'uomo dai capelli scuri, sui quaranta. Mi dispiace di aver
confermato il solito stereotipo dell’italiano che arriva sempre in ritardo.
GG:
Ho avuto un problema col taxi: devo aver pronunciato male l'indirizzo, e mi ha
lasciato nel posto sbagliato. Così all’inizio ho sbagliato pub, e poi, quando finalmente
me ne sono accorto, ho dovuto camminare un bel po’.
HB: Nessun problema, è una bella serata per
passeggiare.
GG
(rabbrividisce): Oh, sì.
HB: Allora, iniziamo?
GG:
Ok. Heine Bakkeid, al momento l'unico tuo romanzo pubblicato in Italia è L’Occhio del faro, il primo di una serie
con protagonista Thorkild Aske. Tutto sommato sappiamo poco di te. Forse
qualcuno ti immagina vivere e lavorare da solo, rinchiuso in una vecchia casa
isolata, a strapiombo su un mare perennemente in tempesta... Forse invece
semplicemente ogni mattina ti alzi, porti i bambini a scuola, e vai in ufficio...
Che tipo sei?
HB: Vorrei avere una base segreta sotto il mare, lì sì che lavorerei bene. Ma la realtà è proprio che ogni mattina
mi alzo, metto su il caffè, mi siedo alla scrivania, bevo il caffè e mi metto
al lavoro. Poi a mezzogiorno mi prendo un’oretta di pausa: faccio una passeggiata,
faccio jogging oppure vado a sciare. Le uniche cose che mi interessano davvero
sono il mio lavoro e la mia famiglia. Tutto il resto non conta molto. A volte
vorrei essere un tipo più interessante, o avere un hobby interessante, tipo
collezionare piume di uccelli morti o qualcosa del genere... Ma non ho tempo, o
forse mi manca la motivazione.
GG:
Prima di passare al thriller per adulti, hai lavorato a una serie, purtroppo
ancora inedita in Italia, di romanzi horror per ragazzi. Vuoi parlarci di
questo e degli altri tuoi lavori precedenti?
HB: Da giovane ero un po’ presuntuoso, volevo distinguermi
dagli altri con il mio primo romanzo, quindi ho esordito con uno Young Adult la
cui premessa era: cosa succede se si mescola il mondo di ”1984” di George
Orwell e quello di ”Guida galattica per autostoppisti” di Douglas Adams? E
quello fu il mio debutto come scrittore. Il romanzo mi fa ancora ridere perché
è folle... mi fa ancora... che stavo dicendo? Ad ogni modo, in seguito scrissi
una serie di romanzi storici horror, sempre per ragazzi, intitolata ”The
Chronicles of Dr. Schnabel von Rom”. Questo è stato il mio omaggio alle vecchie
serie Pulp degli anni '20 e '30 come "The Weird Tales". Ho ambientato
questa serie al’epoca dell’illuminismo, quando grazie al progresso degli studi
anatomici, della medicina e della scienza, la gente iniziava a mettere in
discussione gli insegnamenti della Chiesa. In quel contesto per me si possono
trovare tutti gli elementi del romanzo
horror classico. Come avrai capito, io sono un horror-dipendente: adoro
l’horror, qualsiasi forma assuma. Anche come scrittore di gialli. Per me, i
mostri, anche quelli della letteratura, sono le manifestazioni fisiche di quel
che vive nel profondo del nostro animo, ecco perché ci spaventano. Ma è per
questo che abbiamo bisogno di loro: ci ricordano che senza di loro non c'è
amore, amicizia o felicità. È dai nostri mostri che ci viene il bisogno di
stare insieme, in un certo senso sono loro che ci avvicinano agli altri e ci
rendono più forti. Almeno questo è quel che mi dice il mio lato altruista.
GG:
Come hai sviluppato la passione per la scrittura, e come sei arrivato al lavoro
di scrittore?
HB: Beh, io sono cresciuto in un posto stretto tra
il fiordo e le montagne, cinque case in tutto. In inverno fuori era
completamente buio, si sentivano solo i suoni della natura e del mare. Leggevo
un sacco di libri, che alimentavano la mia immaginazione, sognavo ad occhi
aperti. Ma non avevo mai pensato di farne una carriera, finché non sono
arrivato a studiare programmazione, Java, C ++ e quel genere di cose lì. Che
palle! Volevo prendermi a martellate. Quindi una notte che non riuscivo a prender
sonno, ho deciso di mandare tutto affan****, mi sono alzato, ho acceso il
computer e mi sono messo a scrivere proprio una di quelle scene che mi impedivano
di dormire. La cosa divertente è che il personaggio che avevo evocato dal
subconscio altri non era che Thorkild Aske. Fu proprio lui il primo personaggio
che venne a trovarmi. Ma ero ancora troppo giovane, e decisi che non avrei puntato
su di lui finché non fossi stato abbastanza grande da capirlo, e da poter scrivere
di un uomo come lui. Nel frattempo iniziai comunque a scrivere, tutto quel che
mi veniva in mente, e ho continuato a scrivere tutte le sere. Quando ho
completato gli studi, mi sono ritrovato con un romanzo completo, e avevo
finalmente scoperto cosa volevo fare nella vita, e non era programmare o sviluppare
sistemi, ma scrivere storie. Il mio primo romanzo è stato pubblicato poco più
di un anno dopo. Ed eccomi qui.
GG:
Quali sono le tue letture preferite? Quali erano da bambino, e poi da ragazzo? A
quali autori ti ispiri, se ce ne sono? E che tipo di autori vorresti essere tu
a ispirare in futuro?
HB: Da piccolo leggevo tutto quel che trovavo, e non
sapevo nemmeno un libro di che genere fosse. Non c’era nessuno con cui potessi
parlare di letteratura. Poi le mie letture preferite furono i libri di scienze
e di storia, i romanzi polizieschi, pulp, horror, le storie sulla seconda
guerra mondiale e i fumetti. Il mio autore preferito è da sempre il genio
norvegese André Bjerke, che ha scritto sia libri per bambini che per adulti. Per
il mio universo di fantascienza mi sono ispirato a Bjerke in quanto a
personaggi e atmosfere e a Jo Nesbø in quanto a sfrontatezza. Nel mio lavoro mi
sforzo di essere il più mainstream possibile, ma di solito non riesco a
nascondere il mio lato oscuro. Riguardo poi a chi mi piacerebbe ispirare tra i
futuri scrittori... Beh, se un giorno ci fosse un nuovo Poe, un nuovo R.E.
Howard o un nuovo Lovecraft che dice che è stata l’opera di HT Bakkeid a
spingerlo a iniziare a scrivere, sarei felice da morire. Perché oggi gli
scrittori gotici e fantastici sembrano quasi svaniti...
GG:
Torniamo a Thorkild Aske. Gli hai già dedicato un secondo romanzo, ancora
inedito in Italia. Che tipo di relazione hai con lui?
HB: Come ho detto, è stato il primo personaggio che
è venuto a trovarmi. Ho un'immagine, nella mia mente, che riassume un po’ la
nostra relazione: siamo noi due, seduti in un bar, schiena contro schiena; non ci
parliamo, siamo con altre persone. Poi il bar chiude, noi ce ne andiamo e
camminiamo, sempre senza parlare. Saliamo una lunga serie di scale, fino a un
appartamentino trasandato. Entriamo nello studio, io mi metto al computer e lui
sprofonda nel divano. Quindi lui inizia a parlare, e io a scrivere. È come se
avessimo fatto questo patto (un patto col diavolo): lui si sfoga raccontando la
storia della sua vita, liberando i suoi demoni, e io divento lo scrittore
che avevo sempre sognato di essere. Un buon affare per entrambi.
GG:
I lettori che hanno già incontrato Thorkild in L’Occhio del faro, cosa devono aspettarsi dal romanzo successivo?
HB: Ho in progetto una serie su Thorkild Aske. Da
giovane, quando leggevo i polizieschi classici, con l’immancabile investigatore
privato che cerca di risolvere un mistero, ho notato che iniziavano più meno
tutti allo stesso modo, col personaggio principale seduto alla sua scrivania. E
questi personaggi avevano tratti simili: erano uomini malandati e disadattati.
Dei naufraghi, quasi, messi in un’angolo dalla società e dall'alcolismo. Eppure
erano caparbiamente votati alla risoluzione del caso che avevano davanti, a
ogni costo. Mi sono sempre chiesto come
fossero diventati così. Nei cinque libri su Thorkild Aske vorrei proprio che i
lettori fossero testimoni di questa trasformazione, della metamorfosi che, attraverso
la sofferenza, porta chi prima era un membro funzionante della società − tanto
che lavorava come specialista, esperto di interrogatori, nella polizia − a
diventare un emarginato. Quindi il mio amico signor Aske ha ancora molto da
pedalare, fra alti e bassi, prima che lui (e i lettori) arrivino alla fine. Nel
secondo libro, Thorkild Aske viene ingaggiato da una famosa scrittrice di
romanzi polizieschi a cui è scomparso il manoscritto dell’ultimo romanzo; la
cosa finisce per assomigliare in tutto e per tutto a un caso di scomparsa di
una persona reale. Aske scopre subito che chi lo ha preceduto nell’indagine,
anche lui un ex agente di polizia, è stato fatto fuori appena uscito dalla casa
della scrittrice... E in tutto questo, Ulf, il suo psichiatra, gli ha tolto
tutte le sue amate pillole.
GG:
Ti diverti quando metti Thorkild in situazioni pericolose e imbarazzanti?
HB: No, no, ti assicuro di no, povero Thorkild. Io
non rido mai delle sue disgrazie... Rido solo per la faccia che fa! Ah, ah, ah!
GG:
Vuoi parlare dei tuoi progetti futuri?
HB: Assolutamente no.
Poi
Heine sorride, indica il boccale vuoto (il mio è ancora mezzo pieno e già mi
sento un po’ sbronzo) e fa:
-
Scusami un attimo, devo andare in bagno. Sai, mentre ti aspettavo mi sono già
fatto una birra, questa per me era la seconda.
Non
appena si alza e si incammina verso il corridoio, un uomo magro, che evidentemente
era sempre stato seduto dietro Heine, al di là del separé, scivola rapidamente
al suo posto e si mette l’indice davanti alla bocca:
-
Sssst. Ho pochissimo tempo. Sono Thorkild Aske.
-
Chi?
-
Thorkild Aske. Quello di cui scrive quel tizio. Io lo uso come una specie di psicoterapia,
e lui ci fa i soldi. Te l’ha appena detto, no?
Ora,
nella penombra, distinguo alcune cicatrici su un lato del suo viso, proprio
come è descritto nel libro. Se Thorkild Aske esiste davvero ed è questo che ho
davanti, sono seduto di fronte a un uomo imprevedibile. Se non esiste, e questo
è un mitomane, le cose non cambiano poi di molto: sempre seduto di fronte a un
pazzo sto. L'uomo estrae un flaconcino dalla tasca e manda giù una manciata di
pillole, senz’acqua. Il dottor Ulf non sarebbe d'accordo, probabilmente. Quindi
dice:
TA:
Beh? Non vuoi intervistare anche me?
Penso
in fretta, prendo fiato e sparo:
GG:
Quel che è scritto nei libri è tutto vero? Riesci ancora a vedere Frei? La ami
ancora? Riuscirai a tornare alla realtà o continuerai a rifugiarti in un sogno?
Tua sorella...
TA:
Non ti dirò niente.
GG:
Eh?
TA:
Leggi i libri, se vuoi, e cerca di capire da te cos’è vero e cos’è inventato.
Non sono qui per essere intervistato.
GG:
Ma allora...
TA:
Sono qui per metterti in guardia. Quell'uomo, Bakkeid... Non fidarti di lui.
GG:
Che... Che vuoi dire?
TA:
La tua recensione: non gli è piaciuta. Ci sei andato giù troppo duro. Lo hai
fatto incazzare di brutto. Non lo avevo mai visto così, prima.
GG:
Ma... Ma io...
TA:
Tu hai scritto che il personaggio principale è indimenticabile, sì, è vero, ma
hai anche scritto che tutto il resto non è poi un gran che. E il personaggio
sono io, quindi non è mica merito suo, no? E non hai scritto neanche una parola sullo
stile diretto e incisivo di Heine.
Cazzo,
è vero! Ho completamente dimenticato di parlare dello stile, in quella
recensione. Provo a ribattere:
GG:
Ma... ho anche scritto che l’ambientazione...
TA:
Sciocchezze. Lui non lo dà a vedere, ma quella recensione gli ha fatto ribollire
il sangue, te lo dico io. Quindi non fidarti di lui. Quella birra... ha forse
un sapore strano?
GG:
Io... io non lo so!
TA:
Dammi qua...
Allunga
la mano verso il mio boccale, ancora mezzo pieno, ma subito la ritira, si alza
e scompare di nuovo dietro il separé. Il cigolio di una porta e i passi sul
pavimento annunciano il ritorno di Heine. Poco dopo lo scrittore è di nuovo
seduto al suo posto.
HB: Eccomi! Dove eravamo rimasti?
A
questo punto dovrei chiedergli: ”Thorkild Aske esiste davvero?” ma quell'uomo è
seduto proprio dietro di lui. Quindi spero che Heine non si accorga del mio
imbarazzo, e proseguo, come se nulla fosse:
GG:
Di solito, come scrivi? Hai qualche rituale, luogo o oggetti speciali, legati
al tuo lavoro di scrittore?
HB: Scrivere una storia all’inizio è un po’ come
sognare. Sei solo, in un luogo dai contorni confusi, le facce delle persone sono
sfocate, non sai come sei arrivato lì e dove stai andando. Credo di poter
scrivere quasi ovunque, mi basta escludere il resto del mondo, in modo da
restar solo lì, con i personaggi. Sono completamente inutilizzabile per tutti
gli altri, quando sono in quella fase. A volte, se sono concentrato su di una
specifica scena, mentre scrivo ascolto musica.
GG:
Hai un lettore ideale? Una persona particolare che, mentre scrivi, immagini che
leggerà le tue parole?
HB: Quando inizio a scrivere un libro è solo un
affare tra me e i personaggi. Non penso mai a cosa diranno i lettori di questo
o di quello, io non sono il tipo che si sforza di scrivere solo quel che pensa
possa piacere agli altri. Io devo scrivere le mie storie come sono, anche se capisco
che una certa scena o una certa opinione espressa da un personaggio non piaceranno
a tutti. Quindi il mio lettore ideale è qualcuno che lascia che la storia lo
porti dove lo deve portare, uno che vuole affidarsi al viaggio con fiducia. A
volte credo di attraversare i confini dei vari generi e sottogeneri, e voglio
che i miei lettori mi seguano in questo. Eppure mi interessa ancora
profondamente ciò che i miei lettori pensano del mio lavoro. Voglio che a loro
piaccia, perché spero che anche loro si appassionino allo stesso tipo di
letteratura che amo io.
GG:
Esiste attualmente una vera e propria moda che riguarda i thriller scandinavi.
In Italia anche quelli scritti da autori non scandinavi sono confezionati con
titoli evocativi e copertine dal sapore invernale, con neve, boschi e
scogliere. Perfino il lettering cerca di imitare quello dei thriller nordici più
famosi. Tu che ne pensi?
HB: Le cose fatte in serie mi annoiano. Preferisco
un pizzico di stranezza, preferisco l'avanguardia. Non fa per me combattere per
qualche briciola di mediocrità, − sorride. − Ecco perché mi trovo benissimo in
compagnia di me stesso, e mi piace quel che scrivo.
GG:
L’Occhio del faro è ambientato in
Norvegia, ma, indirettamente, anche in Danimarca e Islanda. Conosci bene questi
paesi? Dove si svolgeranno le prossime avventure di Thorkild Aske? Dove saranno
ambientati i tuoi prossimi romanzi?
HB:
Nelle prossime avventure di Thorkild Aske visiteremo insieme Islanda, Svezia e
Russia. E naturalmente la desolazione fredda e spietata del nord della Norvegia...
GG:
Sei del tipo social, sempre con uno
smartphone in mano, sempre a mettere like
o a condividere qualcosa in rete, o sei vecchio stampo, del tipo che usa il telefono per
parlare, e scrive le lettere su carta?
HB: Beh, penso di essere una via di mezzo. Sicuramente
mi piacciono molto i miei gadget, ma ho dovuto cancellarmi da Facebook e
Twitter, perché mi facevano perdere troppo tempo. Uso Instagram e ho la mia
pagina web. Penso che questo basti.
GG:
Non mi resta che salutarti e augurarti buona fortuna per la tua carriera di
scrittore, appena arrivato al successo internazionale.
HB: Grazie mille! Ma... non la finisci la tua birra?
Che c’è? Non ti piace?
GG:
È... È buonissima, sono io che non sono un grande bevitore. Arrivederci!
Ci
stringiamo la mano. Provo a camminare dritto verso l'uscita. Sono di nuovo all’aperto
nel grigio scuro. E non è vero che non sopporto la birra, ma questa volta mi
gira la testa, davvero. Non mi sento affatto bene. Chissà se...
-
Ehi, tu!
È
il vecchio marinaio, quello che ho già visto al bar. A quanto pare mi stava
aspettando fuori.
-
Dico a te: vuoi saperne di più su questa storia?
-
Che storia?
-
Se non sei troppo debole di stomaco e vuoi sapere come sono andate veramente le
cose, io posso aiutarti. Ma dobbiamo salpare subito. Tra non molto, la marea...
A proposito, tu sai fare le immersioni?
Mentre
il vecchio ancora sta parlando, vedo un’ombra avvicinarsi. È ancora Thorkild
Aske, o meglio, l'uomo che ha detto di chiamarsi così.
No,
no, no. Non lui. No. Non mi lascerò coinvolgere in un thriller scandinavo anch’io!
Personaggi di un romanzo... Preferisco leggerli piuttosto che incontrarli di
persona! Voglio tornare a casa, se ci riesco. Giro le spalle e me ne vado,
cercando, per quanto possibile, di camminare dritto.
Mille
grazie a Heine Bakkeid per esser stato al gioco e per aver autorizzato i cameo
di alcuni dei personaggi del suo romanzo. Mille grazie anche a Berit Ness
Johnsen che mi ha dato qualche dritta utile per rendere credibile
l'ambientazione, tanto che a volte credo anch’io di esserci stato per davvero
da qualche parte lassù, nel nord della Norvegia. E forse ci sono stato.
Grazie per avermi riportata nella mia terra natia! Complimenti, gustosissima intervista!
RispondiEliminaCi voleva l'intervista a un vichingo per riportarti da queste parti! Bentornata!
EliminaGrande fantasia ben scritta ma i personaggi preferisco leggerli piuttosto che incontrarli di persona ...OK...
RispondiElimina