Oggi torno a fingermi intervistatore e faccio parlare di sé Sergio Bertoni, autore e personaggio multiforme, che si autodefinisce orso, schivo e riservato, ma vanta un'attività di blogger ormai ultradecennale. Sergio, classe 1935, si sente un testimone dei cambiamenti che si sono susseguiti nel corso del ventesimo secolo, ma non crede di aver lasciato in prima persona, né nel bene né nel male, un segno importante. Eppure... questo giudicatelo voi. Buona lettura e in bocca al lupo! Anzi... in culo alla balena!
SB: Bambino? Credo di non esserlo mai stato, o forse solo nei miei primissimi sei o sette anni, giusto il tempo di indossare la divisa di “figlio della lupa” e ascoltare la maestra magnificare la figura del re soldato. Un re che avrebbe pochi anni dopo fatto la fine forse più squallida e triste di tutti i discendenti della casa Savoia. Era allora l’epoca dell’Italia imperiale, di un paese che noi bambini eravamo condizionati a vedere come il più civile e il più potente del mondo. Eravamo gli eredi dell’antica Roma e del suo luminoso destino sul quale ci aveva incamminati l’uomo della provvidenza, il duce, il possente guerriero a cavallo, quasi un semidio dal cuore forte e dall’animo gentile. L’uomo che si preoccupava di regalare un violino a un bimbo povero che adorava la musica e che si era rivolto a lui. Un mito: l’uomo che lavorava sempre e non dormiva mai. Il mito che alleandosi con il baffuto caporale austriaco, e con i suoi folli sogni di dominio, avrebbe condotto l’Italia alla rovina. Poi la guerra. Le città bombardate. La fuga in piccoli sperduti paesi e la fine dell’infanzia. Dagli otto anni in poi dovetti crescere in fretta, imparare a lottare e difendermi dai miei selvaggi coetanei, imparare a spaccare la legna per accendere il fuoco nella “cucina economica”, tirare la fune per estrarre l’acqua potabile da un pozzo, in un pesantissimo secchio di zinco che pesava quasi più di me, aiutare mia madre a fare la spesa, scendendo con la mia biciclettina al centro del paese per comprare dello schifoso pane nero e alcuni viveri razionati dai bollini della “tessera annonaria”. Avevo solo undici anni quando nacque il mio primo fratello, seguito poco dopo dal secondo e divenni… vice-padre e vice-madre!
PROF: Vuoi parlare brevemente della tua famiglia? Hai moglie, figli, nipoti? Leggono i tuoi libri? Influenzano i tuoi scritti?
SB: Sì, sono sposato, ho un figlio e parecchi nipoti. Certo che leggono ciò che scrivo, non so come fanno a sopportarmi, ma la vita è fatta anche di sofferenza! Riguardo all’altra domanda suppongo che tutto ciò che mettiamo sulla carta sia, direttamente o indirettamente, il frutto del nostro vissuto, del nostro pensiero e delle nostre esperienze. Molte cose quindi possono influenzarci anche se forse non ne siamo consapevoli a livello cosciente.
PROF: Proverbi, modi di dire, motti goliardici, ecc... sembrano esistere da sempre. Nel racconto Su un coccodrillo segreto R.A. Lafferty ne da la paternità a un'apposita società segreta. Sembra strano, ma a volte queste cose hanno davvero un autore, e nascono in un momento ben preciso. Svelaci il segreto de "in culo alla balena"!
SB: È vero, c'è chi crede che la battuta un po’ volgarotta della balena abbia origini antiche. Ma io posso datarla. Era il mese di luglio del 1955 e stavamo sostenendo gli orali dell’esame di maturità. La commissione di esame comprendeva degli insegnanti esterni alla scuola, e tra questi ve ne era una, severissima e… molto corpulenta, probabilmente sui novanta chili. Come è antica e superstiziosa tradizione, fare gli auguri a una persona che deve sostenere una prova porta sfortuna. Porta “sfiga” si direbbe oggi; quindi a ogni nostro compagno che veniva chiamato davanti alla commissione auguravamo il classico “in bocca al lupo”. Contemplando la mastodontica e arcigna esaminatrice che stava esaminando il registro di classe, mi venne spontaneo dare una affettuosa pacca di incoraggiamento sulla spalla al mio carissimo amico Lucio che, tremante e sudato per la tensione stava per essere chiamato, e dirgli: “tranquillo, vai! In culo alla balena!” La mia frase fece sorridere e rilassare il mio amico che in seguito superò brillantemente gli esami come quasi tutti noi. Con mia enorme sorpresa e a distanza di moltissimi anni ho scoperto che quella frase è sopravvissuta, è ancora in uso, e qualche spiritoso buontempone ha anche aggiunto la risposta: “speriamo che non scorreggi”. Non posso del tutto escludere di aver inventato di nuovo la stessa battuta che qualcun altro inventò prima di me, ma mi sembra molto improbabile, dato che all'epoca nessuno di noi la conosceva.
PROF: Con gli anni la risposta si è fatta un po' più triviale. Ai tempi miei infatti, una trentina d'anni dopo, era già diventata "speriamo che non cachi". In ogni caso aver inventato questa battuta, che è entrata a pieno diritto nei modi di dire goliardici, fa di te un personaggio davvero unico! E ora parliamo di libri. Qual è il tuo libro preferito (o i tuoi preferiti)? Qual è il tuo genere (o generi) preferiti? Quale quello (o quelli) che hai trovato talmente disgustoso da non riuscire neanche a terminare? Quale libro raccomandi sempre a tutti di leggere, e nessuno lo fa mai? Quale libro ti riprometti sempre di leggere, ma non lo fai mai? Quale libro non leggerai assolutamente mai, neanche pagato?
SB: Non credo di avere un libro preferito, sono onnivoro, leggo di tutto purché si tratti di narrativa. Mi attira anche la fantascienza, la fantasy e il paranormale, ho adorato il ciclo di libri di Asimov, ma fin da bambino sono passato dai libri del dimenticato Luciano Zuccoli, al Decamerone, alle Mille e una notte, ai libri di Merežkovskij: La morte degli dei, e La resurrezione degli dei, senza dimenticare Tolstòj, Márquez, Poe, King e centinaia di altri autori. Ovviamente non trascuro il genere poliziesco, i cosiddetti “gialli”, e ho trovato molto interessante l’ultimo che ho letto: La condanna del sangue, del bravissimo nuovo autore napoletano Maurizio De Giovanni. Purtroppo, per mia vergogna, il libro che non sono mai riuscito a terminare è considerato il più importante della letteratura del 20° secolo: l’Ulisse di J. Joyce. Non l’ho certamente trovato disgustoso ma l’ho trovato incomprensibile e, molto probabilmente, non finirò di leggerlo mai. Quanto ai libri che raccomando a tutti di leggere… beh, ovviamente i miei. E forse c’è anche qualcuno che lo fa.
PROF: Il tuo interesse per il paranormale nasce da qualche indizio o qualche esperienza particolare vissuta personalmente? E il tuo interesse per la storia di Archimede di Siracusa, che hai romanzato in Cleoth e Arkh, che origini ha?
SB: Negli anni 50 l’arrivo nelle edicole della rivista Urania e dei successivi romanzi di fantascienza aveva stimolato in molti di noi giovani l’interesse per il paranormale in generale e per gli ipotetici poteri della mente studiati da Karl Zener e Joseph Rhine presso la Duke University. Personalmente sono stato sempre alquanto scettico in materia e l’unica esperienza, apparentemente inesplicabile, da me vissuta è stata la breve percezione di un forte profumo nel corso di una visita alla chiesa di padre Pio a S. Giovanni Rotondo. L’ interesse per Archimede (a parte il mio amore per la storia) probabilmente nasce dalla lettura, su di una rivista specializzata, dell’eccezionale ritrovamento del palinsesto Archimede (1998) contenente sette trattati di altissimo interesse scientifico e matematico (vedi: http://www.archimedespalimpsest.org/about/). Altri suggerimenti li ho tratti dal libro “Il teorema del pappagallo” di Denis Guedj, un romanzo di notevole interesse per gli amanti della matematica, e da altre notizie sulla vita del grande scienziato riportate da alcuni studiosi siracusani.
PROF: Ho letto Il teorema del pappagallo, qualche anno fa. A me non è piaciuto un gran che, però riconosco che ha il merito di divulgare i risultati degli sforzi dei matematici antichi senza essere troppo pesante. Rimaniamo sui libri. Chi è il tuo lettore ideale? A chi pensi, cioè, quando scrivi? E chi è che legge in anteprima i tuoi scritti?
SB: Il lettore ideale è una persona curiosa, dalla mentalità aperta, disponibile a interpretare con flessibilità il testo e la sua strategia narrativa. Se il testo è ben scritto, il lettore ideale vi si immedesima e lo sente suo, fornendo carne, sangue e una presenza reale ai protagonisti della storia. Quando scrivo, io presumo che il lettore non debba necessariamente essere a conoscenza degli antefatti di ciò che legge e quindi cerco di essere il più esplicito e chiaro possibile, il resto lo lascio all’immaginazione del lettore.
PROF: Hai concluso la tua attività lavorativa con la pensione (antichissima usanza che va scomparendo). Cosa ti senti di raccomandare ai "giovani"? Quali esperienze e suggestioni tratte dalla tua vita lavorativa hai trasposto nei tuoi romanzi e racconti?
SB: Bella domanda! Purtroppo pochissimi traggono frutto dalle esperienze altrui; la storia insegnerebbe moltissimo se le persone fossero disponibili a imparare. Ai giovani raccomando di non scoraggiarsi, di non cedere mai, di essere creativi e di sforzarsi a diventare imprenditori di se stessi, di cogliere al volo ogni opportunità che, anche se inferiore alle loro aspettative, non potrà che arricchire la loro esperienza e rafforzare il loro carattere. Per quanto riguarda esperienze e suggestioni di lavoro direi che, sia pure talvolta in chiave comica e paradossale, se ne trovano molte in “Paride Passacantando” e qualcuna anche in “Tra realtà e mistero”. Chi di noi, nel corso della vita, non ha incontrato personaggi bonari e filosofi ma taccagni come Ottavio Casellario o prepotenti e autoritari come Formenton?
PROF: Come sei approdato alla letteratura e all'autopubblicazione? Parlaci di te come autore e delle tue opere.
SB: La letteratura è sempre stata la mia passione, anche quando andavo a scuola divoravo, non appena comprate, quelle bellissime antologie che si pubblicavano allora. Ho adorato l’Iliade, nella traduzione di Monti, e ne ricordo ancora interi brani a memoria. Al liceo scrissi un poemetto in endecasillabi sulla caduta dell’Olimpo e la morte degli Dei e lo pubblicai sul giornalino scolastico. Non era male, peccato che non ne sia rimasta traccia. Anni dopo scrissi qualche racconto di fantascienza che apparve sui “Romanzi di Urania”. Dopo il 2000 la nascita di alcune piattaforme gratuite dedicate alla gestione dei Blog mi indussero a creare una mia “casetta” su Tiscali. I miei articoli, le mie considerazioni, i miei racconti incontrarono un certo favore da parte di altri blogger. Una lunga storia a puntate sui Templari piacque a molti. Alcuni racconti lunghi divennero la base per veri e propri romanzi, l’incontro con alcuni eccellenti blogger che avevano auto pubblicato dei romanzi mi indusse a tentare a mia volta e, devo dire, con un modesto ma soddisfacente successo. L’ultimo mio romanzo “Cleoth e Arkh” narra, con molta fantasia ma anche con precisi riferimenti storici, le immaginarie avventure di Archimede nell’antico Egitto ma Cleoth, la sacerdotessa di Iside, è il personaggio che ho amato di più e che forse rappresenta il mio ideale di donna.
PROF: C'è una domanda che ti poni spesso, di cui vorresti conoscere la risposta?
SB: A costo di essere macabro, ma sincero, dirò che alla mia età ci si chiede quando avverrà e che cosa c’è dopo. Ovviamente nessuno lo può dire anche se può essere di qualche conforto una affermazione scientifica: nulla si crea e nulla si distrugge. Tutto si trasforma.
PROF: E' una domanda che ci facciamo tutti: me la faccio anch'io, anche se la risposta mi fa paura. Tornando a noi: quale domanda vorresti che qualcuno ti facesse, perché hai la risposta pronta da anni, ma nessuno te la fa mai? E a quale domanda non vorresti mai rispondere?
SB: A questa!
PROF: Vuoi parlare brevemente della tua famiglia? Hai moglie, figli, nipoti? Leggono i tuoi libri? Influenzano i tuoi scritti?
SB: Sì, sono sposato, ho un figlio e parecchi nipoti. Certo che leggono ciò che scrivo, non so come fanno a sopportarmi, ma la vita è fatta anche di sofferenza! Riguardo all’altra domanda suppongo che tutto ciò che mettiamo sulla carta sia, direttamente o indirettamente, il frutto del nostro vissuto, del nostro pensiero e delle nostre esperienze. Molte cose quindi possono influenzarci anche se forse non ne siamo consapevoli a livello cosciente.
PROF: Proverbi, modi di dire, motti goliardici, ecc... sembrano esistere da sempre. Nel racconto Su un coccodrillo segreto R.A. Lafferty ne da la paternità a un'apposita società segreta. Sembra strano, ma a volte queste cose hanno davvero un autore, e nascono in un momento ben preciso. Svelaci il segreto de "in culo alla balena"!
SB: È vero, c'è chi crede che la battuta un po’ volgarotta della balena abbia origini antiche. Ma io posso datarla. Era il mese di luglio del 1955 e stavamo sostenendo gli orali dell’esame di maturità. La commissione di esame comprendeva degli insegnanti esterni alla scuola, e tra questi ve ne era una, severissima e… molto corpulenta, probabilmente sui novanta chili. Come è antica e superstiziosa tradizione, fare gli auguri a una persona che deve sostenere una prova porta sfortuna. Porta “sfiga” si direbbe oggi; quindi a ogni nostro compagno che veniva chiamato davanti alla commissione auguravamo il classico “in bocca al lupo”. Contemplando la mastodontica e arcigna esaminatrice che stava esaminando il registro di classe, mi venne spontaneo dare una affettuosa pacca di incoraggiamento sulla spalla al mio carissimo amico Lucio che, tremante e sudato per la tensione stava per essere chiamato, e dirgli: “tranquillo, vai! In culo alla balena!” La mia frase fece sorridere e rilassare il mio amico che in seguito superò brillantemente gli esami come quasi tutti noi. Con mia enorme sorpresa e a distanza di moltissimi anni ho scoperto che quella frase è sopravvissuta, è ancora in uso, e qualche spiritoso buontempone ha anche aggiunto la risposta: “speriamo che non scorreggi”. Non posso del tutto escludere di aver inventato di nuovo la stessa battuta che qualcun altro inventò prima di me, ma mi sembra molto improbabile, dato che all'epoca nessuno di noi la conosceva.
PROF: Con gli anni la risposta si è fatta un po' più triviale. Ai tempi miei infatti, una trentina d'anni dopo, era già diventata "speriamo che non cachi". In ogni caso aver inventato questa battuta, che è entrata a pieno diritto nei modi di dire goliardici, fa di te un personaggio davvero unico! E ora parliamo di libri. Qual è il tuo libro preferito (o i tuoi preferiti)? Qual è il tuo genere (o generi) preferiti? Quale quello (o quelli) che hai trovato talmente disgustoso da non riuscire neanche a terminare? Quale libro raccomandi sempre a tutti di leggere, e nessuno lo fa mai? Quale libro ti riprometti sempre di leggere, ma non lo fai mai? Quale libro non leggerai assolutamente mai, neanche pagato?
SB: Non credo di avere un libro preferito, sono onnivoro, leggo di tutto purché si tratti di narrativa. Mi attira anche la fantascienza, la fantasy e il paranormale, ho adorato il ciclo di libri di Asimov, ma fin da bambino sono passato dai libri del dimenticato Luciano Zuccoli, al Decamerone, alle Mille e una notte, ai libri di Merežkovskij: La morte degli dei, e La resurrezione degli dei, senza dimenticare Tolstòj, Márquez, Poe, King e centinaia di altri autori. Ovviamente non trascuro il genere poliziesco, i cosiddetti “gialli”, e ho trovato molto interessante l’ultimo che ho letto: La condanna del sangue, del bravissimo nuovo autore napoletano Maurizio De Giovanni. Purtroppo, per mia vergogna, il libro che non sono mai riuscito a terminare è considerato il più importante della letteratura del 20° secolo: l’Ulisse di J. Joyce. Non l’ho certamente trovato disgustoso ma l’ho trovato incomprensibile e, molto probabilmente, non finirò di leggerlo mai. Quanto ai libri che raccomando a tutti di leggere… beh, ovviamente i miei. E forse c’è anche qualcuno che lo fa.
PROF: Il tuo interesse per il paranormale nasce da qualche indizio o qualche esperienza particolare vissuta personalmente? E il tuo interesse per la storia di Archimede di Siracusa, che hai romanzato in Cleoth e Arkh, che origini ha?
SB: Negli anni 50 l’arrivo nelle edicole della rivista Urania e dei successivi romanzi di fantascienza aveva stimolato in molti di noi giovani l’interesse per il paranormale in generale e per gli ipotetici poteri della mente studiati da Karl Zener e Joseph Rhine presso la Duke University. Personalmente sono stato sempre alquanto scettico in materia e l’unica esperienza, apparentemente inesplicabile, da me vissuta è stata la breve percezione di un forte profumo nel corso di una visita alla chiesa di padre Pio a S. Giovanni Rotondo. L’ interesse per Archimede (a parte il mio amore per la storia) probabilmente nasce dalla lettura, su di una rivista specializzata, dell’eccezionale ritrovamento del palinsesto Archimede (1998) contenente sette trattati di altissimo interesse scientifico e matematico (vedi: http://www.archimedespalimpsest.org/about/). Altri suggerimenti li ho tratti dal libro “Il teorema del pappagallo” di Denis Guedj, un romanzo di notevole interesse per gli amanti della matematica, e da altre notizie sulla vita del grande scienziato riportate da alcuni studiosi siracusani.
PROF: Ho letto Il teorema del pappagallo, qualche anno fa. A me non è piaciuto un gran che, però riconosco che ha il merito di divulgare i risultati degli sforzi dei matematici antichi senza essere troppo pesante. Rimaniamo sui libri. Chi è il tuo lettore ideale? A chi pensi, cioè, quando scrivi? E chi è che legge in anteprima i tuoi scritti?
SB: Il lettore ideale è una persona curiosa, dalla mentalità aperta, disponibile a interpretare con flessibilità il testo e la sua strategia narrativa. Se il testo è ben scritto, il lettore ideale vi si immedesima e lo sente suo, fornendo carne, sangue e una presenza reale ai protagonisti della storia. Quando scrivo, io presumo che il lettore non debba necessariamente essere a conoscenza degli antefatti di ciò che legge e quindi cerco di essere il più esplicito e chiaro possibile, il resto lo lascio all’immaginazione del lettore.
PROF: Hai concluso la tua attività lavorativa con la pensione (antichissima usanza che va scomparendo). Cosa ti senti di raccomandare ai "giovani"? Quali esperienze e suggestioni tratte dalla tua vita lavorativa hai trasposto nei tuoi romanzi e racconti?
SB: Bella domanda! Purtroppo pochissimi traggono frutto dalle esperienze altrui; la storia insegnerebbe moltissimo se le persone fossero disponibili a imparare. Ai giovani raccomando di non scoraggiarsi, di non cedere mai, di essere creativi e di sforzarsi a diventare imprenditori di se stessi, di cogliere al volo ogni opportunità che, anche se inferiore alle loro aspettative, non potrà che arricchire la loro esperienza e rafforzare il loro carattere. Per quanto riguarda esperienze e suggestioni di lavoro direi che, sia pure talvolta in chiave comica e paradossale, se ne trovano molte in “Paride Passacantando” e qualcuna anche in “Tra realtà e mistero”. Chi di noi, nel corso della vita, non ha incontrato personaggi bonari e filosofi ma taccagni come Ottavio Casellario o prepotenti e autoritari come Formenton?
PROF: Come sei approdato alla letteratura e all'autopubblicazione? Parlaci di te come autore e delle tue opere.
SB: La letteratura è sempre stata la mia passione, anche quando andavo a scuola divoravo, non appena comprate, quelle bellissime antologie che si pubblicavano allora. Ho adorato l’Iliade, nella traduzione di Monti, e ne ricordo ancora interi brani a memoria. Al liceo scrissi un poemetto in endecasillabi sulla caduta dell’Olimpo e la morte degli Dei e lo pubblicai sul giornalino scolastico. Non era male, peccato che non ne sia rimasta traccia. Anni dopo scrissi qualche racconto di fantascienza che apparve sui “Romanzi di Urania”. Dopo il 2000 la nascita di alcune piattaforme gratuite dedicate alla gestione dei Blog mi indussero a creare una mia “casetta” su Tiscali. I miei articoli, le mie considerazioni, i miei racconti incontrarono un certo favore da parte di altri blogger. Una lunga storia a puntate sui Templari piacque a molti. Alcuni racconti lunghi divennero la base per veri e propri romanzi, l’incontro con alcuni eccellenti blogger che avevano auto pubblicato dei romanzi mi indusse a tentare a mia volta e, devo dire, con un modesto ma soddisfacente successo. L’ultimo mio romanzo “Cleoth e Arkh” narra, con molta fantasia ma anche con precisi riferimenti storici, le immaginarie avventure di Archimede nell’antico Egitto ma Cleoth, la sacerdotessa di Iside, è il personaggio che ho amato di più e che forse rappresenta il mio ideale di donna.
PROF: C'è una domanda che ti poni spesso, di cui vorresti conoscere la risposta?
SB: A costo di essere macabro, ma sincero, dirò che alla mia età ci si chiede quando avverrà e che cosa c’è dopo. Ovviamente nessuno lo può dire anche se può essere di qualche conforto una affermazione scientifica: nulla si crea e nulla si distrugge. Tutto si trasforma.
PROF: E' una domanda che ci facciamo tutti: me la faccio anch'io, anche se la risposta mi fa paura. Tornando a noi: quale domanda vorresti che qualcuno ti facesse, perché hai la risposta pronta da anni, ma nessuno te la fa mai? E a quale domanda non vorresti mai rispondere?
SB: A questa!
Grazie Prof.! Sono lusingato e commosso. E' stato strano e simpatico sottoporsi a una intervista, rileggerla mi fa uno curioso effetto, quasi quasi mi sento... importante. Ahahahah.
RispondiEliminaQuesta intervista a Sergio Bertoni, uomo che mi piace tanto come persona quanto come autore, mi ha insegnato ancora qualcosa: come si possa parlare in modo semplice e immediatamente comprensibile, di questioni profonde ed importanti. Sergio Bertoni è "l'uomo che non deve chiedere mai" di mediare per lui e al quale invece possiamo chiedere di mediare per noi, tali sono in lui equilibrio e saggezza.
RispondiEliminaAnche l'intervistatore, dal piglio insolito nelle sue domande, sebbene a tratti queste siano esplose un tantino a raffica, contribuisce all'armonia ritmica e tematica di questo simpatico duetto. Claudia Calisti
Acciderbolina ! Sergio, dovrò darle del Lei :-) ottima intervista ! Io che ti conosco da anni conoscevo gia le risposte tranne la rivelazione che tu saresti l'ideatore dell'augurio IN CULO ALLA BALENA????? ma sai che dopo averla letta ho fatto una ricerca in rete e ci sono una moltitudine di "inventori"? E TU NON CI SEI :-D complimenti cari ed affettuosi e un saluto al padrone di casa!
RispondiEliminaSì, Giovanna, lo so. Dai turchi a Giona agli americani. Mancano solo i cinesi ma penso che arriveranno presto.
RispondiEliminaSalve! Sono Chang Lee da Shangai. In Cina quel'augurio del sedere della balena è una tradizione antichissima, fin dal medioevo, solo che da noi si usa il drago al posto della balena.
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