Il destino e il dovere nell'autobiografia di Hiroo Onoda. Obbedire agli ordini e restar nascosti nella jungla per trent'anni, nella vana attesa dell'arrivo dei rinforzi promessi. Prima, senza sapere che la guerra è finita. Poi, senza poterci credere. Il Giappone si è arreso? Ridicolo! La nostra propaganda assicurava che non ci sarebbe mai stata resa, che la guerra sarebbe durata ancora molto a lungo, e che 100 milioni di anime erano pronte senza indugio a sacrificare la vita per l'Imperatore! Il Giappone avrebbe vinto o sarebbe stato distrutto. Queste voci che ora affermano che il Giappone si è arreso da anni, e che ormai a Tokio si vive in pace non sono credibili: se il barbaro nemico avesse davvero vinto, il Giappone certamente non esisterebbe più! Gli Americani cercano di fregarmi, ma io non ci casco!
Evidentemente la mia missione è ancora importante, la mia presenza è sempre una fastidiosa spada di Damocle per il nemico, e il contrattacco giapponese dev'essere imminente, altrimenti non organizzerebbero delle spedizioni di ricerca per venirmi a stanare!
"No surrender" è l'autobiografia di Hiroo Onoda, uno dei "soldati fantasma" giapponesi, dimenticati da tutti nella jungla delle filippine, con l'ordine di organizzare attività di guerriglia in attesa del ritorno dell'esercito. Dimenticati da tutti? No: solo dal sistema militare, disgregato dalla sconfitta, e dalla sua propaganda nazionalista. Hanno formato soldati superobbedienti per poi dimenticarli al loro posto senza revocare i loro ordini. Ma i familiari continueranno a cercare incessantemente i loro cari dispersi.
E' il 1974 quando sull'isola di Lubang il giornalista Norio Suzuki riesce finalmente a incontrare il tenente Onoda. Dalla fine della guerra lui e i resti della sua unità continuano a terrorizzare gli abitanti e a sfuggire ai rastrellamenti dell'esercito filippino. Ma, uno alla volta, i compagni di Onoda sono stati uccisi, e ormai da anni il tenente è rimasto solo, e sono molte le domande che si pone. Ma il suo dovere lo conosce.
"So che hai combattuto duramente per tanti anni. Ma la guerra è finita. Non vuoi tornare in Giappone con me?"
Ma come si pemetteva questo civile di parlarmi in questo modo? Davvero pretendeva che io dessi retta al primo che mi
dice "la guerra e finita" e tornassi a casa con lui come se niente fosse? Dopo tutti questi anni? La cosa mi fece infuriare:
"No! Non tornerò con te! La guerra è finita? Forse. Ma non per me!"
"E perchè?"
"Non capisci? Non posso violare le mie consegne! Senza un ordine preciso dei miei superiori non posso tornare in Giappone!"
"E allora cosa vuoi fare? Restare qui e morire qui?"
"Sì! Se non mi viene ordinato di fare diversamente, sarà così!"
(traduzione mia)
Suzuki tornò in Giappone e si preoccupò di rintracciare uno degli ex superiori di Onoda per portarlo sull'isola di Lubang e ordinare
all'obbediente soldato di tornare a casa. E così fu. Hiroo Onoda tornò a casa, disperato, dopo essersi reso conto di aver sprecato la
propria vita e aver causato sofferenze inutili a tante persone, e ormai completamente disadattato. Ma con la soddisfazione di aver
ricevuto l'onore delle armi da parte dai militari filippini, e di essere stato accolto come un eroe in patria.
Il 16.01 è deceduto a 91 anni Hiroo Onoda, tenente a riposo dell'ex Esercito Imperiale nipponico.
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Non porterò un po' sfiga?
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