Olimpia è giovane, bella, intelligente e ricca di famiglia. Di che ti lamenti? le chiedono sempre parenti e amici. Già, di che si lamenta? In realtà Olli non si lamenta nemmeno: soffre per un'indole malinconica, ai limiti della depressione. Si lascia scorrere la vita addosso, nell'incapacità di progettare il proprio futuro, sotto il peso di una famiglia ingombrante e fuori dal comune, eppure per certi versi accogliente e rassicurante. Olli ha un'orribile cagnolina da borsetta, triste e malaticcia, che, un po' come lei, dove la metti sta, e che pure si chiama Olimpia; la ragazza pensa di essere l'unica in grado di prendersene cura. Olimpia ama Olimpia...
Elisa Fuksas aveva già cominciato a esplorare con ironia il tema della paura di vivere, portando sullo schermo una ragazza incerta e sospesa nel tempo alle soglie dei 30 anni in Nina, film snervante nella sua ciclicità stazionaria, ma intrigante nel suo estetismo fotografico (in cui giganteggia una Roma EUR vuota e surreale) e capace di trasmettere un senso di vuoto e inutilità. Una vera piccola Grande bellezza, precursore per certi versi del film di Sorrentino, in cui però la crisi esistenziale appartiene a un'altra generazione. La figlia di mantiene la leggerezza di Nina ma al tema dell'incertezza e della paura di crescere aggiunge quelli, in parte autobiografici, del senso di colpa di chi si sente figlio di papà e della frustrazione di chi percepisce l'ombra onnipresente del grande genitore su tutto quel che fa e non fa. Sì: Elisa Fuksas è proprio la figlia di Fuksas, il super architetto, inventore di cubi di cemento armato e nuvole di ferro ritorto.
Il libro ha qualche passaggio oscuro e alcune ingenuità; per esempio si percepisce l'ansia dell'autrice di inserire scenette autocompiaciute, in realtà sovrabbondanti, e "frasi storiche", forse appuntate mentalmente da tempo, anche quando sono inutili al contesto. Ma complessivamente il libro della Fuksas si lascia leggere con docilità, grazie anche alla struttura composta di brevi capitoli. In sostanza siamo di fronte a un dipinto garbato e frizzante, ma allo stesso tempo deprimente, della società alto borghese.
Definire Olli un personaggio problematico è limitante: soffre per tutto il libro tra mille contraddizioni e alla fine resta sempre al punto di partenza. Ha un fidanzato "normale" (per lei!) cioè non altrettanto altolocato, e vive nel terrore che questi le chieda di sposarlo, ma poi quando lo sta perdendo si umilia e si dispera. Il Natale, cioè la festa borghese per eccellenza, fornisce paradossalmente l'occasione per presentarci la sua famiglia anti-borghese e radical chic. Olli forse vorrebbe emanciparsene, guadagnandosi in autonomia una vita "normale", ma è assuefatta a un lussuoso e assurdo stile di vita, condito dallo schifo per qualsiasi connotazione popolare e ordinaria (bollata con disprezzo come PB: piccolo borghese). Il senso di colpa per essere una privilegiata per diritto di nascita la turba: il padre, Valerio, è un artista affermato e celebrato, e tutti pendono dalle sue labbra. Anche Olli, da brava principessina, fa volentieri la riverenza di fronte all'uomo che ha condizionato la sua vita e sempre la condizionerà, al punto che chiunque finge di interessarsi al suo lavoro, lo fa nella speranza di essere ammesso alla corte del Vate.
Tutti parlano, consigliano, progettano, in questo romanzo, tranne Olli. Lei, a parte un patetico tentativo di fuga, si limita ad ascoltare e tacere, commentando mentalmente in modo nichilista. Ci sfila davanti così un'orribile galleria umana alto borghese con le sue follie e idiosincrasie. Nonostante la connotazione intellettuale e di sinistra della famiglia di Olli, il lettore percepisce che la vera differenza con il ceto medio è puramente economica, il che aggiunge una ulteriore nota di tristezza e di distanza.
Si possono leggere diverse interviste a Elisa Fuksas sul web, e in tutte si finisce per chiederle del padre, del rapporto tra i due, di quanto Massimiliano c'è nel Valerio del libro... A me piacerebbe, per puro gusto di contrappasso, intervistare Massimiliano Fuksas e chiedergli: "Com'è vivere con una figlia artista poliedrica?" "Com'era Elisa da piccola?" "Qual è il suo gelato preferito?" ecc... insomma tutta un'intervista senza chiedergli nulla di lui, ma solo della figlia... Chissà che faccia farebbe!
Ma forse di autobiografico, nel libro, non c'è solo il tema della famiglia dominata dalla figura del padre, uomo di successo e di forte personalità. Nel romanzo Olli ha un suo libro da pubblicare, ma sia l'editore che lo stesso Valerio cercano di convincerla a trasformarlo invece in un libro sul padre. Olli, che pure al termine del libro resta in bilico, irrisolta, probabilmente accetterà. Anche l'autrice deve aver incontrato una situazione simile. E' il paradosso del raccomandato: cose antipatiche, ma che capitano a pochi. Elisa comunque non ha rinunciato al cognome (né al nome, come Banana Yoshimoto)... né a Rizzoli.
Il libro ha qualche passaggio oscuro e alcune ingenuità; per esempio si percepisce l'ansia dell'autrice di inserire scenette autocompiaciute, in realtà sovrabbondanti, e "frasi storiche", forse appuntate mentalmente da tempo, anche quando sono inutili al contesto. Ma complessivamente il libro della Fuksas si lascia leggere con docilità, grazie anche alla struttura composta di brevi capitoli. In sostanza siamo di fronte a un dipinto garbato e frizzante, ma allo stesso tempo deprimente, della società alto borghese.
Definire Olli un personaggio problematico è limitante: soffre per tutto il libro tra mille contraddizioni e alla fine resta sempre al punto di partenza. Ha un fidanzato "normale" (per lei!) cioè non altrettanto altolocato, e vive nel terrore che questi le chieda di sposarlo, ma poi quando lo sta perdendo si umilia e si dispera. Il Natale, cioè la festa borghese per eccellenza, fornisce paradossalmente l'occasione per presentarci la sua famiglia anti-borghese e radical chic. Olli forse vorrebbe emanciparsene, guadagnandosi in autonomia una vita "normale", ma è assuefatta a un lussuoso e assurdo stile di vita, condito dallo schifo per qualsiasi connotazione popolare e ordinaria (bollata con disprezzo come PB: piccolo borghese). Il senso di colpa per essere una privilegiata per diritto di nascita la turba: il padre, Valerio, è un artista affermato e celebrato, e tutti pendono dalle sue labbra. Anche Olli, da brava principessina, fa volentieri la riverenza di fronte all'uomo che ha condizionato la sua vita e sempre la condizionerà, al punto che chiunque finge di interessarsi al suo lavoro, lo fa nella speranza di essere ammesso alla corte del Vate.
Tutti parlano, consigliano, progettano, in questo romanzo, tranne Olli. Lei, a parte un patetico tentativo di fuga, si limita ad ascoltare e tacere, commentando mentalmente in modo nichilista. Ci sfila davanti così un'orribile galleria umana alto borghese con le sue follie e idiosincrasie. Nonostante la connotazione intellettuale e di sinistra della famiglia di Olli, il lettore percepisce che la vera differenza con il ceto medio è puramente economica, il che aggiunge una ulteriore nota di tristezza e di distanza.
Si possono leggere diverse interviste a Elisa Fuksas sul web, e in tutte si finisce per chiederle del padre, del rapporto tra i due, di quanto Massimiliano c'è nel Valerio del libro... A me piacerebbe, per puro gusto di contrappasso, intervistare Massimiliano Fuksas e chiedergli: "Com'è vivere con una figlia artista poliedrica?" "Com'era Elisa da piccola?" "Qual è il suo gelato preferito?" ecc... insomma tutta un'intervista senza chiedergli nulla di lui, ma solo della figlia... Chissà che faccia farebbe!
Ma forse di autobiografico, nel libro, non c'è solo il tema della famiglia dominata dalla figura del padre, uomo di successo e di forte personalità. Nel romanzo Olli ha un suo libro da pubblicare, ma sia l'editore che lo stesso Valerio cercano di convincerla a trasformarlo invece in un libro sul padre. Olli, che pure al termine del libro resta in bilico, irrisolta, probabilmente accetterà. Anche l'autrice deve aver incontrato una situazione simile. E' il paradosso del raccomandato: cose antipatiche, ma che capitano a pochi. Elisa comunque non ha rinunciato al cognome (né al nome, come Banana Yoshimoto)... né a Rizzoli.
Nessun commento:
Posta un commento