Ognuno di noi, consapevolmente o no, vuol difendersi a modo suo dal resto del mondo, cercando (oppure costruendosi da sé) un rifugio personale, un'isola. Questo il concetto espresso nella quarta di copertina e ribadito nell'introduzione di Le isole, romanzo d'esordio di Sergio Caldaretti, urbanista e accademico in pensione, che però poi in questo libro ben scritto va (per fortuna) decisamente fuori tema. Un titolo più appropriato, secondo me, avrebbe dovuto essere: La fuga, più che Le isole. Al centro della vicenda, infatti, ci sono le avventure esotiche di Alberto, il quale, atterrato un po' per lavoro e un po' per noia in un mondo nuovo ed eccitante, non si cura degli impegni presi in precedenza nel vecchio mondo, e poco gli importa di amici e conoscenti, che saranno costretti a notare la sua lunga assenza e a mettersi stancamente alla ricerca di notizie.
Alberto inizia la sua esperienza latinoamericana come il più classico e il più sprovveduto degli italiani in vacanza, per poi finire invischiato in una serie di avventure erotiche e spionistiche, che sanno un po' di La Canzone di Carla e un po' di James Bond. Nel romanzo le sue vicende frizzanti e divertenti si alternano con le gesta stanche e prive di convinzione degli altri personaggi, che si muovono, alla sua ricerca come anche nella vita in generale, forse più per inerzia che altro. Ne viene fuori il ritratto di un mondo accademico ed alto-borghese piuttosto deprimente, in cui non si fa altro che discutere di cibi raffinati e di viaggi esotici, seminando qua e là qualche annoiato commento politico sinistroide.
Praticamente i personaggi non fanno altro che mangiare: pranzi e cene, a casa o al ristorante, e colazioni e aperitivi al bar, si contano a decine e decine. C'è persino un té delle cinque! E' un ritratto realistico: dov'è che si fa conversazione di solito? Tra una portata e l'altra. Ma questo elemento contribuisce, con ogni probabilità volutamente, a rendere vuoti e privi di credibilità i discorsi dei personaggi quando si riferiscono ad argomenti sociali e politici.
La penna di Caldaretti è abbastanza asciutta e arguta, e si lascia perdonare volentieri qualche fronzolo di troppo e qualche pagina eccessivamente letteraria. Seguiamo con un sorriso la vicenda esotica di Alberto e sbadigliamo, com'è giusto che sia, quando si alterna alle storie casalinghe degli altri personaggi.
Praticamente i personaggi non fanno altro che mangiare: pranzi e cene, a casa o al ristorante, e colazioni e aperitivi al bar, si contano a decine e decine. C'è persino un té delle cinque! E' un ritratto realistico: dov'è che si fa conversazione di solito? Tra una portata e l'altra. Ma questo elemento contribuisce, con ogni probabilità volutamente, a rendere vuoti e privi di credibilità i discorsi dei personaggi quando si riferiscono ad argomenti sociali e politici.
La penna di Caldaretti è abbastanza asciutta e arguta, e si lascia perdonare volentieri qualche fronzolo di troppo e qualche pagina eccessivamente letteraria. Seguiamo con un sorriso la vicenda esotica di Alberto e sbadigliamo, com'è giusto che sia, quando si alterna alle storie casalinghe degli altri personaggi.
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