Che ne dite di un romanzo di Umberto Eco... che si legge in un pomeriggio? E' una chicca? Beh, sì, insomma... più o meno. Senz'altro la brevità è un pregio di questo romanzo, e non è neanche l'unico, però non è che siano tutte rose pristine e fiori! Numero zero ci fa ficcare il naso nella stramba redazione di uno strambo nuovo quotidiano, destinato forse a non vedere mai la luce, dove un giornalista con l'ossessione dei complotti è in cerca di indizi, perché sente di essere finalmente sulla pista giusta... Ma seguire la pista giusta non rischierà di essere, per lui, la scelta sbagliata?
Leggere un libro di Umberto Eco ormai mi fa sentire un po' come uno di quei servi dell'imperatore della fiaba, quelli che sanno che se non vedono niente è perché sono cretini. Eco è un semiologo, un linguista e un erudito, che ha già dimostrato in passato sia di saper narrare in modo efficace e moderno, sia di saper imitare qualsiasi linguaggio narrativo. Perché ora mi presenta dei personaggi che sono ridicoli fin dal nome e che dialogano in modo inverosimile? E perché, soprattutto, me ne racconta con stile tanto antiquato e involuto, in un romanzo dall'ambientazione retrodatata di appena una ventina d'anni? Ci dev'essere sotto qualcosa, che però io non riesco a cogliere, evidentemente perché non sono un intellettuale!
Lontano parente de Il Cimitero di Praga, che in parte imita, con tanto di diversificazione degli stili tipografici, Numero zero diverte anche lui il lettore con ipotesi di intrighi e complotti. Uno in particolare è spiazzante e verosimile, al punto da farti venir voglia di approfondire, per verificare dove finisce la realtà e dove inizia eventualmente l'invenzione. Altri sono assai meno verosimili e quasi grotteschi, forse servono solo ad allungare il brodo. Ma, con tutto questo, e pur nella brevità delle 200 pagine, Numero zero non rinuncia ad annoiare a morte il lettore con il continuo e inutile blaterare dei suoi personaggi all'interno di una ridicola redazione, e a rallentarlo con una prosa da anteguerra.
Intendiamoci, non rimpiangiamo di certo il mattone di Praga: qui almeno ci liberiamo in un amen! Ma ne vale la pena? Si tratta di un amen che, grazie al generoso uso di margini ampi e pagine bianche, alla copertina rigida e alla sovracopertina, ci viene a costare ben 17 euri. Siamo alle solite... Devo proprio decidermi ad aspettare le edizioni economiche.
Lontano parente de Il Cimitero di Praga, che in parte imita, con tanto di diversificazione degli stili tipografici, Numero zero diverte anche lui il lettore con ipotesi di intrighi e complotti. Uno in particolare è spiazzante e verosimile, al punto da farti venir voglia di approfondire, per verificare dove finisce la realtà e dove inizia eventualmente l'invenzione. Altri sono assai meno verosimili e quasi grotteschi, forse servono solo ad allungare il brodo. Ma, con tutto questo, e pur nella brevità delle 200 pagine, Numero zero non rinuncia ad annoiare a morte il lettore con il continuo e inutile blaterare dei suoi personaggi all'interno di una ridicola redazione, e a rallentarlo con una prosa da anteguerra.
Intendiamoci, non rimpiangiamo di certo il mattone di Praga: qui almeno ci liberiamo in un amen! Ma ne vale la pena? Si tratta di un amen che, grazie al generoso uso di margini ampi e pagine bianche, alla copertina rigida e alla sovracopertina, ci viene a costare ben 17 euri. Siamo alle solite... Devo proprio decidermi ad aspettare le edizioni economiche.
Queta recensione mi incuriosisce e mi spinge a comprare e leggere il libro ...bravo...
RispondiEliminaE pensare che io credevo di aver scritto una recensione negativa!
RispondiEliminaIl cimitero di Praga, il libro con cui ho salutato Eco. Giusto la brevità di questa nuova uscita mi aveva incuriosito, ma a questo punto penso che non lo leggerò e -strano- per una volta rimarrò coerente :)
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