Ero un bambino quando la RAI trasmetteva Jack London: l'avventura del grande nord, sceneggiato molto suggestivo ispirato alla vita e ai racconti del grande scrittore americano, con Orso Maria Guerrini (l'attuale Mr. Birra Moretti). Nel frattempo, ovviamente, le pagine de Il richiamo della foresta e di Zanna Bianca mi rapivano e mi portavano tra le foreste innevate. L'ultima pagina di Zanna Bianca, poi, infallibilmente mi commuoveva: ho riletto varie volte il romanzo nel corso degli anni, fino all'adolescenza, e... niente da fare, ogni volta erano lacrime!
Gli anni sono passati e Jack London è un po' finito nel dimenticatoio, anche se non ho mai smesso di raccontare il buffo e lacrimoso episodio legato alla lettura di Zanna Bianca. Ma in anni recenti ho scoperto Il vagabondo delle stelle, un romanzo di Jack London straordinariamente visionario e suggestivo, oltre che intriso di sofferenza fisica, che si è immediatamente guadagnato un posto nella mia top-ten personale. La lettura, poi, di una biografia di London mi ha riportato nel selvaggio nord, oltre che in giro per l'America su treni merci, in barca a vela per i sette mari, ecc... ecc...
Il vecchio amico Jack ha cominciato a ricomparire sempre più spesso per la casa: mio figlio dodicenne aveva iniziato a leggere Il richiamo della foresta (cui suppongo sia arrivato attraverso Warrior Cats, in qualche modo) e poi Zanna Bianca. Naturalmente non mi sono fatto scappare l'occasione di raccontare anche a lui la famosa storiella del finale del libro, che ogni volta che lo rileggevo mi commuoveva. L'ho fatto con una punta di autocommiserazione: eccomi qua, vecchio bambino romanticoide, avanzo di secoli tramontati, vittima di meccanismi emotivi estranei a quelli dei ragazzini d'oggi, che vivono tra videogiochi e cellulari, e si commuovono, forse, solo se scaricano l'apposita app.
Poi l'altro giorno ritrovo mio figlio all'ora di pranzo: "Ciao, com'è andata a scuola?" "Bene: ho preso sei in Inglese, otto in Scienze, e all'ora di lettura ho finito Zanna Bianca e ho pianto".
Gli anni sono passati e Jack London è un po' finito nel dimenticatoio, anche se non ho mai smesso di raccontare il buffo e lacrimoso episodio legato alla lettura di Zanna Bianca. Ma in anni recenti ho scoperto Il vagabondo delle stelle, un romanzo di Jack London straordinariamente visionario e suggestivo, oltre che intriso di sofferenza fisica, che si è immediatamente guadagnato un posto nella mia top-ten personale. La lettura, poi, di una biografia di London mi ha riportato nel selvaggio nord, oltre che in giro per l'America su treni merci, in barca a vela per i sette mari, ecc... ecc...
Il vecchio amico Jack ha cominciato a ricomparire sempre più spesso per la casa: mio figlio dodicenne aveva iniziato a leggere Il richiamo della foresta (cui suppongo sia arrivato attraverso Warrior Cats, in qualche modo) e poi Zanna Bianca. Naturalmente non mi sono fatto scappare l'occasione di raccontare anche a lui la famosa storiella del finale del libro, che ogni volta che lo rileggevo mi commuoveva. L'ho fatto con una punta di autocommiserazione: eccomi qua, vecchio bambino romanticoide, avanzo di secoli tramontati, vittima di meccanismi emotivi estranei a quelli dei ragazzini d'oggi, che vivono tra videogiochi e cellulari, e si commuovono, forse, solo se scaricano l'apposita app.
Poi l'altro giorno ritrovo mio figlio all'ora di pranzo: "Ciao, com'è andata a scuola?" "Bene: ho preso sei in Inglese, otto in Scienze, e all'ora di lettura ho finito Zanna Bianca e ho pianto".
Spero solo mi capiti la stessa cosa tra 10 anni con mia figlia :)
RispondiEliminaE chissà quante altre belle cose di lei ti riempiranno di gioia nel frattempo!
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