Come resistere a un romanzo di cui Stephen King dice che "lo ha tenuto sveglio tutta la notte"? Così eccomi con in mano La ragazza del treno, fortunato esordio di Paula Hawkins. Certamente si tratta di un discreto giallo-thriller, ma in quanto a star svegli la notte... forse il buon Steve quella sera a cena aveva mangiato le melanzane fritte. La ragazza del treno ha ben tre voci narranti, che disegnano ciascuna una sorta di diario mentale, ma una sola di esse è memorabile. Rachel è un personaggio che non dimenticherete: sola, schiava dell'alcol, vittimista... ma anche cocciuta e morbosamente curiosa; non la fermano né le continue figuracce, né il fatto che la sua memoria faccia cilecca proprio quando meno servirebbe.
Le altre due voci sono del tutto insignificanti: si direbbe che la farraginosa struttura a tre del romanzo serva solo a spezzare il ritmo e a camuffare goffamente la vicenda grazie all'incrocio dei detto e non detto, e a uno sfasamento temporale che pure appare un po' posticcio. La vicenda mistery che fa da sfondo alle disavventure di Rachel è realistica, drammatica e attuale, almeno fino all'epilogo, che invece è un po' precipitoso e poco credibile. Se il romanzo fa presa è unicamente per l'originalità e la forza drammatica del personaggio narrante principale.
Ne La ragazza del treno fa una comparsata Scotland Yard, introducendo anche un paio di personaggi che sembrano promettenti, ma poi, imprevedibilmente, la polizia svanisce del tutto, lasciando le persone coinvolte in un delitto, inclusi i sospettati, liberi di far quello che gli pare. Altrettanto discreta appare la presenza dei giornalisti. Davvero uno strano mondo, almeno per noi italiani, che, per quanto riguarda la cronaca nera, siamo abituati allo sbatti il mostro in prima pagina... e il sospettato in cella finché non capisce che gli conviene confessare.
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