L'altro ieri il mondo ha detto addio al famoso astrofisico inglese Stephen Hawking. Oltre che essere un grande scienziato e divulgatore, Hawking fu una vera icona pop. L'immagine del suo corpo striminzito, rannicchiato nella carrozzina, è entrata in mille modi nella cultura popolare, al pari dell'immagine di Einstein che fa la linguaccia o che va in bicicletta, e altrettanto è avvenuto per la caratteristica intonazione robotica del suo sintetizzatore vocale. Hawking, quindi, ha sempre colpito la fantasia della gente. Niente di strano, se pensate al lato romantico della cosa: in fondo cos'è un astrofisico se non un raffinato sognatore e viaggiatore delle stelle? Ma Hawking è soprattutto il simbolo potente della volontà che combatte le difficoltà della vita, e un esempio che ha dato orgoglio e speranza ai disabili di tutto il mondo. Vabbè, ma questo lo sanno tutti... Quello che non sapete, forse, è che, come ho accennato in un post precedente, io ho incontrato Stephen Hawking. Volete sapere com'è andata?
Era l'estate del 1995, e io ero all'epoca un giovane studioso di Fisica Matematica, e avevo deciso di partecipare a un mega convegno internazionale di Relatività Generale e Gravitazione, che si teneva a Firenze. Abituato a incontrare professori universitari e scienziati italiani, con i loro completi formali e le cravatte, mi aggiravo stupito tra gli scienziati americani, molti dei quali invece indossavano sandali e strambi camicioni: ricordavano un po' gli hippy degli anni sessanta e un po' i personaggi di Gesù di Nazareth di Zeffirellli.
Tra le plenary sessions, cioè le conferenze su invito, c'era quella di Hawking, ed era lui la star principale del convegno. La sua conferenza era registrata: all'epoca infatti parlava, scriveva e guidava la carrozzina elettrica con un dito, l'unica parte mobile apparentemente rimastagli. In seguito ho saputo che la tecnologia ha continuato ad aiutarlo grazie a un puntatore che seguiva il suo sguardo, ma allora per lui esprimersi liberamente con il sintetizzatore vocale richiedeva parecchio tempo.
Ovviamente Hawking parlò di Big Bang e di buchi neri, e ovviamente non mi ricordo niente di quel che disse. All'epoca di quelle cose ne capivo, e al Big Bang ci credevo. Ora non più, e questo vale per entrambe le cose. All'epoca pensavo anche che quel genere di studi, oltre che affascinanti, fossero fondamentali. Oggi devo dire che anche questa idea l'ho molto ridimensionata.
Al termine della conferenza, anch'io avrei voluto rivolgergli una domanda, non ricordo assolutamente quale, ma solo pochi fortunati ebbero la possibilità di fare una domanda a Hawking, perché a lui occorrevano molti minuti per digitare la risposta, prima che il sintetizzatore la recitasse velocemente.
Circa un'ora dopo la conferenza, durante uno dei tanti coffee break, mentre probabilmente ho un panino in una mano e una birra nell'altra, a un tratto resto di stucco, perché incrocio Stephen Hawking in persona. E' lì che sfreccia, quasi, in un corridoio del palazzo dei congressi, approfittando dello spazio ristretto per sopravanzare il piccolo corteo di ossequiosi e asfissianti personaggi che gli orbitano costantemente intorno. Così avviene il nostro incontro: io gli sorrido e dico "Hello!" e lui mi rivolge uno sguardo. Fine.
Certo, che vi credevate?
Cinque anni dopo quel congresso avreste ancora potuto trovarmi all'Università di Padova, a proseguire strambe ricerche sulla cosmologia e le onde gravitazionali, sotto la direzione di un importante studioso italiano, che non se ne vantava mai, ma tutti sapevano che molti anni prima, a Cambridge, aveva lavorato nel gruppo di Hawking. Lo stesso professore, però, complice una pizza e una birra, un giorno mi rivelò che a Cambridge lui era l'ultimo arrivato, e che il suo ruolo era più che altro quello di offrire il braccio ad Hawking, che all'epoca camminava ancora, anche se a fatica, quando doveva andare al bagno.
Ma torniamo a Firenze nel 1995! Cosa ho creduto di leggere io, in quello sguardo, durante il fugace incontro che ho avuto con Stephen Hawking? Cosa mi ha detto, nella mia fantasia, il mitico astrofisico, con un solo sguardo? Beh, questo finora è rimasto un segreto fra me e lui, un segreto che non ho mai rivelato, e che forse sarebbe meglio che non rivelassi mai. Ma se proprio vuoi saperlo, clicca sul link sotto all'immagine seguente.
Sei riuscito a rendere piacevole una situazione delicata e interessante e hai svelato una parte della tua vita professionale ...OK...
RispondiEliminaInteressantissimo! Cerco di rubartelo (ovviamente citando che è un articolo di cui sei l'autore)
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