Tutti sanno che Albert Einstein trascorse lunghi anni alla ricerca di una teoria unitaria che, così come la sua relatività generale aveva fatto per la gravità, desse una veste geometrica anche all'elettromagnetismo, in modo che i due fenomeni potessero esser considerati due facce della stessa medaglia. Una ricerca risultata vana... O forse no? Forse invece il vecchio Albert trovò una geniale soluzione, ma, pacifista convinto, decise di tenerla nascosta al mondo per timore che potesse esser sfruttata per scopi militari! Questo geniale spunto è alla base di un thriller americano di un certo successo, scritto una decina di anni fa da Mark Alpert. In L'Ultima equazione scienza reale e scienza possibile sono assai abilmente amalgamate, e ve lo dico io che in una vita precedente sono stato uno studioso di teorie relativistiche; in questo senso Mark Alpert fa un lavoro imprevedibilmente strepitoso, tanto che alla fine la parte pseudoscientifica sta certamente più in piedi di quella mistery e spionistica, con l'Einstein postumo che risulta molto più credibile dei protagonisti di una trama assurda e sgangherata. Ehi, un momento... Ma perché questo brutto romanzo più lo leggo e più mi sembra di averlo già letto?
Ma perché è perfettamente identico a un libro che ho già recensito: W, di Jennifer Lee Carrell!
Sì, è paradossale, ma basta scambiare Shakespeare con Einstein, e poche altre inezie, come ad esempio il sesso del protagonista, e il gioco è fatto. Anche qui infatti siamo di fronte a uno spunto assai accattivante, che avrebbe fatto invidia a Dan Brown, completamente vanificato (come fa sempre anche Dan Brown) da uno sviluppo narrativo che vede un gruppetto di eroi intellettuali e politicamente corretti improvvisarsi uomini (e donne) d'azione, e destreggiarsi vittoriosamente tra mille eserciti di cattivi, armati e organizzati, (e, soprattutto, repubblicani!). Il prototipo di dan Brown è ancora una volta fotocopiato fino al livello atomico, con le solite azioni rocambolesche al di là dell'incredibile, e i famosi colpi di scena "imprevedibili" (che invece per il lettore disincantato sono perfettamente prevedibili, per esempio basta chiedersi: quale "buono" farebbe più colpo se si scoprisse che in realtà è uno dei "cattivi"?).
In questo mondo bacato, definitivamente contaminato dalle radiazioni letali emanate dai thriller di maggior successo, se un vecchio professore ha un segreto che può distruggere il mondo, anziché portarselo nella tomba, deve lasciarlo in punto di morte al suo discepolo preferito, e deve farlo per mezzo di indovinelli, in modo che quello debba rischiare la vita in una pericolosa caccia al tesoro che porti in giro lui e il lettore per almeno 300 pagine.
Nel libro c'è un personaggio, un ragazzo autistico, che non fa assolutamente nulla fin quasi alla fine, ed è una nota leggenda metropolitana che gli autistici abbiano straordinarie capacità mnemoniche. E intanto gli altri personaggi si affannano alla ricerca della formidabile teoria segreta di Einstein: su quale supporto sarà stata memorizzata? Boh. Suspance (si fa per dire).
Insomma come al solito un pessimo romanzo con un ottimo spunto di partenza, per il quale vale ancora una volta il paradosso di Bob Langdon: avventure rocambolesche e misteri a non finire possono dare un risultato che è così noioso che più noioso non si può.
Bè, quando si scrive di Scienza, la realtà è sempre più avvincente della fantasia !
RispondiEliminaMi sembra di aver commentato tenpo fa' che un romanzo troppo lungo risulta noioso ...OK...
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